Povero stronzo
Questo era un racconto che avevamo fatto girare in occasione del Buk di Modena. Un tempo fiera del libro "fighissima", è oggi un carnaio di editori a pagamento, stampatori, marchettari da social network, pennivendoli esperti in pratiche masturbatorie della penna, pardon, della tastiera.
Schizzatevi con questo, va.
- Piacere.
- Piacere mio. Vincenzo. Vincenzo Trama.
- Povero Stronzo.
- Simpatico come una merda.
- No, è il mio nome.
- Ah, scusa allora. Piuttosto insolito.
- Sì, è che è in funzione della storia che soggiace a questa narrazione.
- Perché questa sarebbe una narrazione?
- Un dialogo, piuttosto.
- Difatti. Comunque suppongo che dovrei chiederti come mai ti chiami “Povero Stronzo”, a questo punto.
- Esatto.
- Facciamola breve che sennò Gordiano non ce la fa a farci stare sulla rivista. Come se ti avessi fatto la domanda, dunque.
- Ti sei reso conto che con questo giro di parole hai occupato molto più spazio rispetto al farmi solo la domanda del perché mi chiamo così?
- E tu ti sei reso conto di quanto la stiamo tirando per lunghe? Fai prima a rispondermi, non trovi?
- Hai ragione.
- E dì.
- Mi chiamo così perché, la vedi la fiera? Piena come un uovo?
- Eh.
- E’ piena di gente come me.
- Sti cazzi. Cioè?
- Gente che non legge, che viene qui con un manoscritto sottobraccio e all’editore propone il suo testo, opera immancabile nella vasta galassia della letteratura nostrana.
- Maremma quanto sei cinico.
- No, solo un Povero Stronzo. Il bello è che se l’editore fosse serio ti manderebbe a cagare senza tanti problemi, non appena fiutato l’odore narcisistico ed egomaniaco del pennivendolo che non ama leggere gli altri.
- E invece?
- E invece succede come a me, Povero Stronzo, che ti trovi circondato di stampatori che ti assicurano una distribuzione nazionale versando un modico contributo per le prime copie, diciamo mille euro, finendo poi invece sommerso a casa tua di libri invenduti perché altrimenti vanno al macero. E dell’editore, o presunto tale, più nessuna traccia.
- Ma puoi anche dire di no, eh. Nessuno ti obbliga a pubblicare a pagamento.
- Vabbè, pagamento. Che parolone. E’ un contributo.
- Sempre pagamento è.
- Perché tu mi vuoi dire che per pubblicare non hai pagato?
- Dove hai detto che lo vuoi, il pugno?
- Te sei violento.
- Con gli ignoranti e gli arroganti sì.
- Comunque non potevo dire di no. Vuoi mettere la soddisfazione di vedere finalmente il mio nome sulla copertina di un libro?
- E’ simile a quella del verginello finalmente uomo dopo aver pagato la troia. Dignitoso.
- Minchia che moralista. Sei proprio un comunista, sappilo.
- Vero in ambedue i casi.
- Comunque se ti sto tanto sulle balle perché mi parli, scusa?
- Guarda che sei tu che mi hai salutato per prima, eh.
- Ah, già. E com’è che sto qui a perdere tempo con te, quindi?
- Che ne so, sei tu il Povero Stronzo. Smettila di leggermi, per esempio. Faccio volentieri a meno della gente come te.
- Lo faccio subito.
- Bravo. Gira per gli stand, vedrai che ne trovi di belle persone come te. Vai, esplora pure. Vai. Vai.
Oh, non ti faccio più parlare, ho detto. Vai pure, il racconto è finito. Ciao.
N.B.
Sì, questo racconto è dedicato a tutti voi, Poveri Stronzi. Ma, essendo tali per natura, non credo nemmeno abbiate letto più di due righe di questo breve testo; anzi, probabilmente avete già cestinato la rivista. Nel raro caso invece voi non foste dei Poveri Stronzi, allora complimenti: siete razza rara e meritate un abbraccio. Finito di leggere potete pure tornare allo stand del Foglio di Gordiano che lo faccio per davvero. E se oggi non abbraccio nessuno vuol dire che siamo immersi da una marea di Poveri Stronzi, Poveri Noi.
N.B.B
L'immagine di sopra riporta una troia e a proposito. La sapete la differenza tra una puttana e uno scrittore a pagamento? No? Bè, la prima vendo il culo e si fa pagare, il secondo vende il culo e paga pure. E poi vogliamo dar torto alle brave ragazze dell'Olgettina?